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Smart-working: potenzialità e aspetti critici

| Francesco Borgia | Blog

I progressi tecnologici degli ultimi 50-60 anni hanno avvicinato il mondo facilitando la comunicazione su lunghe distanze.

I primi cellulari ci permettevano di chiamare e magari mandare messaggi, gli smartphone moderni che sono ormai accessori imprescindibili della nostra vita, hanno fatto un ulteriore passo avanti, trasformando il nostro modo di vivere e lavorare. Adesso con lo smartphone possiamo chiamare, messaggiare, navigare in internet, leggere le email, scrivere testi, fare fotografie e video, caricare contenuti online e grazie alle applicazioni tantissime altre funzioni aggiuntive.

La comunicazione online si è ulteriormente evoluta con le webcam che, abbinate a programmi di comunicazione come Skype, Zoom o Google Meet, Teams, consentono di vedere la persona con cui stai parlando oltre che semplicemente ascoltare la sua voce.

Lo smartworking è definito come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro stabilita mediante accordo tra le parti, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa.

Subito saltano agli occhi alcuni aspetti positivi di una modalità di lavoro così strutturata: in primis il risparmio, per l’azienda in termini di meno postazioni/uffici, ma anche per esempio meno pasti da gestire in mensa.

E poi i risparmi per il lavoratore, in termini di tempo e in termini economici: i dati in Italia pre-pandemia ci dicono che ci sono 480.000 smartworker e le principali motivazioni che inducono questi lavoratori ad aderire allo Smart Working sono legate alla sfera personale e al miglioramento del benessere. Su tutte, per il 46% dei lavoratori c’è la possibilità di evitare lo stress durante gli spostamenti casa-ufficio, perché non dovendo recarsi sul posto di lavoro, non muovere la macchina o non dover prendere i mezzi pubblici, oltre al risparmio di tempo e stress c’è anche risparmio di carburante, abbonamenti.

L’altro punto a favore dello smartworking è la possibilità di poter gestire luoghi e orari di lavoro. Si può lavorare da casa ma potenzialmente anche da un parco, da una spiaggia o dalla casa delle vacanze. Spesso l’unica cosa che serve è una connessione internet e un computer. Per l’80% degli smartworker italiani il miglioramento del proprio equilibrio tra vita privata e professionale è significativo.

benefici del lavoro agile non sono solo in termini di equilibrio e soddisfazione individuale, ma anche di performance delle persone e dell’organizzazione nel complesso. Dal punto di vista dell’azienda, un indagine rivela che lo Smart Working contribuisce ad aumentare la produttività di circa il 15% e a ridurre il tasso di assenteismo di circa il 20%.

Sempre secondo la stessa ricerca, questo modo di lavorare ha un impatto molto positivo sulla responsabilizzazione per il raggiungimento dei risultati (37% del campione). Inoltre più del 30% dei responsabili, ha visto dei miglioramenti anche nell’autonomia durante lo svolgimento delle attività lavorative ed in generale sulla qualità del lavoro svolto.

 

Ma se è tutto così bello perché non siamo tutti smartworkers?

 

Chiaramente ci sono diversi motivi, alcuni legati alla natura del lavoro che non può essere svolta a distanza, pensiamo a tutti i lavori di cura della persona, dai medici agli estetisti, dai parrucchieri ai fisioterapisti e così via; ma altri motivi sono invece legati agli aspetti più problematici del lavoro da remoto, vediamone alcuni.

Fra le criticità riportate da chi fa Smart Working la più frequente è la percezione di un senso di isolamento rispetto alle dinamiche dell’ufficio. Questa sensazione di isolamento generale può essere suddivisa in almeno quattro sotto-componenti.

 

  • La prima è la sensazione di perdersi delle opportunità. Lavorare da casa infatti impedisce di coltivare quelle relazioni informali, magari in mensa o alla macchinetta del caffè, che non sono strutturate all’interno del lavoro ma che spesso innescano idee, condivisione e appunto opportunità, che difficilmente si ricreano seduti alla scrivania ciascuno da casa sua.
  • Il secondo aspetto dell’isolamento è il fatto che può complicare la condivisione di informazioni e comunicazioni. Lavorando da remoto infatti può risultare complicato avere quel “botta e risposta” istantaneo o il fare una verifica al volo con un collega rispetto a qualche aspetto dal lavoro. Inoltre può essere problematica la condivisione di file, documenti, progetti e idee se non si hanno gli strumenti e le competenze per gestire al meglio le tecnologie. Il tema dell’accesso alla tecnologia è un altro tema fondamentale. Se non si hanno gli strumenti e le competenze adeguate anche i lavori più semplici diventano impossibili da remoto.
  • Il terzo aspetto, collegato alle possibile difficoltà comunicative, è la gestione delle urgenze. Avere un team sparso in diverse regioni, nazioni, o addirittura continenti, magari con diversi fusi orari, può complicare e rallentare la reattività dell’organizzazione nella gestione dell’imprevisto e dell’emergenza.
  • Il quarto ed ultimo punto è la solitudine. Lavorare da casa o da remoto può portare grandi benefici come abbiamo visto, ma inevitabilmente comporta il lavorare da soli. Non c’è un ufficio, non ci sono colleghi con cui scambiare veloci battute informali, il confronto è un po' più faticoso e più in generale si è soli. Questo per qualcuno è un vantaggio, mentre per altri può essere un problema molto serio.

Un’altra delle criticità spesso associate allo smartworking è la difficoltà nella gestione delle distrazioni. Lavorando da remoto infatti viene a mancare tutta quella struttura di formalità e impegno che un ufficio, uno studio, o un qualunque ambiente lavorativo può “imporci”. Se abbiamo esperienza di lavoro da casa sicuramente sappiamo di cosa stiamo parlando: una telefonata, uno spuntino, una puntata della serie tv, un capitolo di un bel libro che stiamo leggendo, i social network e in un attimo ci rendiamo conto che sono passate delle ore senza che abbiamo prodotto niente.

Fare smartworking in modo efficace prevede quindi una grande capacità di autorganizzazione, di gestione del proprio tempo, del proprio ambiente di lavoro e delle distrazioni. Per qualcuno può essere più facile ed immediato mentre altri avranno bisogno di un po' più tempo per allenarsi ed adattarsi ad una modalità nuova di lavoro.

 

Tra le principali sfide dell’adattamento allo smartworking c’è il far coesistere in un unico ambiente vita professionale e privata. Venendo a mancare la struttura esterna che delimiti e metta confini, senza rendersene conto si può progressivamente passare da work-life balance al cosiddetto work-life blend: rispondere a telefonate, email, call di lavoro anche durante il tempo libero.

È spesso molto difficile all'interno della propria abitazione far comprendere alle altre persone con le quali si convive, specialmente se bambini, che quello è il momento del "lavoro", rispetto al fatto che solitamente la presenza di una persona in casa ha il significato di tempo dedicato alla “famiglia”.

A ciò si aggiunge il fatto che molte volte non si dispone in casa di uno spazio idoneo a questo tipo di lavoro e si è costretti a condividere la postazione con i familiari. Tutti aspetti che possono creare tensioni nell'immediato, e nel lungo termine possono rendere insostenibile il lavoro da remoto.

 

DATI: Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano

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