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La gestione della fatica negli sport di resistenza

| Francesco Borgia | Blog

Gli sport di resistenza richiedono all'atleta la capacità di gestire al meglio quel sottile equilibrio tra mente e corpo che viene messo a dura prova dal contatto con la fatica, con il dolore fisico, con la lunga durata della competizione e degli allenamenti.

Le diverse discipline di resistenza hanno caratteristiche differenti tra di loro che richiedono abilità mentali specifiche, ma tutte hanno in comune fattori trasversali come appunto la gestione della fatica e del dolore, la tolleranza alla frustrazione e la capacità di affrontare le crisi metaboliche. Su tutti questi aspetti si può lavorare anche dal punto di vista mentale. 

 

Un esempio: la gestione della crisi.

Perché col passare del tempo la prestazione si deteriora? Dal punto di vista fisiologico il meccanismo dell’affaticamento non è ancora completamente chiaro, ma diversi fattori chiave sono stati identificati: la disidratazione, l’esaurimento delle scorte di glicogeno, il surriscaldamento del corpo, la mancanza di allenamento (es: quando ci spingiamo oltre quello che è il nostro abituale range di allenamento), problemi “tecnici” (respirazione, uso delle braccia, appoggio ecc) e infine l’overtraining. Tutte queste sono le cause fisiologiche che ci portano a faticare, soffrire e infine a doverci fermare “per forza”. Il primo step quindi è quello di gestire al meglio questi elementi per contenere al massimo l’affaticamento fisiologico: curare l’integrazione, allenarsi con costanza, aumentare i carichi con la giusta progressione, farsi aiutare da preparatori “veri” ecc.

Jim Walmsley all'arrivo dell'UTMB 2022: dopo aver spinto come un dannato per staccare Kilian e Blanchard, sulla salita dopo Champex-Lac detona in modo spettacolare e si trascina per tre ore. Alla fine ne esce e chiude quarto, suo miglior risultato (fino alla vittoria del 2023). Con quella reazione ha dimostrato una forza mentale straordinaria sia nel non ritirarsi che nel portare ulteriore motivazione per la stagione 2023.

 

Ok. Ma quindi dal punto di vista mentale?

Sugli atleti agonisti le cause “fisiologiche” della fatica sono in genere già gestite bene (si allenano nel modo corretto, mangiano e bevono bene…), e qui entra in gioco il ruolo della “testa”. Il mental training legato allo sport di resistenza può servire ad aiutare l’atleta a gestire nel migliore dei modi quell’esperienza negativa che è la fatica: la classica “crisi”.

L’allenamento mentale serve a sviluppare tutta una serie di strategie da utilizzare nel momento di difficoltà, e la prima e più importante è un cambiamento totale di prospettiva: la crisi non deve essere vista come una cosa negativa, da temere. La crisi non è altro che un segnale che sto lavorando duro, sto spingendo forte e sto facendo quello per cui mi sono preparato. Allenarsi mentalmente a gestire la fatica non vuol dire cercare di evitarla o rimandarla; allenarsi mentalmente a gestire la fatica vuol dire che nel momento in cui la crisi arriverà io saprò gestirla e saprò come usare la mia forza mentale in modo positivo e non negativo.

La crisi è inevitabile, si lavora su come l’atleta la vive. Una reazione psicologica scorretta (ansia, pensieri negativi…) può amplificare gli effetti fisiologici della fatica, mentre una reazione corretta può aiutare il corpo a contenerli.

 

E quindi cosa bisogna fare?

Esistono tutta una serie di tecniche e strumenti che hanno l’obiettivo comune di portare l’atleta ad usare le proprie risorse fisiche e mentali nel miglior modo possibile. Alcune di queste tecniche sfruttano proprio il corpo per “calmare la mente”, ad esempio gli esercizi di respirazione, di rilassamento, il training autogeno; altre tecniche analizzano come l’atleta si parla durante la gara, il cosiddetto “self-talk” e poi ci lavorano fino a renderlo il più funzionale possibile. Sembra banale ma fa una differenza enorme se quando siamo in crisi ci diciamo “oggi proprio non è giornata”, “le gambe non girano”, “lui è in giornata top e io sono piantato” o se invece ci diciamo: “sto facendo fatica ma ce la posso fare”, “devo arrivare al km X e poi andrà meglio”, “in questo momento soffro, ma andrà meglio”. Modificare le abitudini dell’atleta in termini di self-talk può avere un impatto importante sulla prestazione. Un’altra tecnica molto efficace è la visualizzazione. Allenare l’atleta a visualizzare continuamente (e nel modo corretto) quella che sarà la sua prestazione in una determinata competizione, in tutte le sue fasi salienti, porterà il cervello a vivere il momento della gara come un’esperienza “già vissuta” e, come tutte le cose che abbiamo già fatto, le facciamo più serenamente e vengono più “facili” rispetto alla prima volta.

 

Un esercizio: la prossima volta che siete in difficoltà in una gara (o in un allenamento ad alta intensità) prestate attenzione a quello a cui pensate e analizzatelo criticamente: state usando parole “positive” o “negative”? Tendete ad incoraggiarvi o a buttarvi giù? Quanto siete concentrati sulla vostra prestazione e quanto vi paragonate agli altri?

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